Fino al 13 novembre, al cinema del carbone, prima della normale programmazione cinematografica, il pubblico sarà partecipe di un evento artistico, nuovo e originale, in linea con l’anima della mostra che pervade poeticamente la città: sul grande schermo sarà proiettata a rotazione una selezione, di circa 15’, di opere video di Paola di Bello, Luca Pancrazzi, Hans Op De Beeck, Armin Linke, Paolo Meoni e Eulalia Valldosera, incentrate sul tema della città intesa come spazio del vivere condiviso. Un dialogo con Un Sogno fatto a Mantova per favorire la nascita di nuove idee, nuove interpretazioni, nuove sensazioni e immagini.

PROGRAMMA COMPLETO

PAOLA DI BELLO

programma 1 (durata 16’15”)

Il grande Piccolo, 2004. 1’15”

Il grande Piccolo è un progetto nato per la mostra Playground and Toys in cui gli artisti sono stati invitati a realizzare un campo giochi per i bambini profughi e rifugiati. Il video consiste nell’animazione di piccoli oggetti di uso domestico che diventano dei giochi semplicemente cambiando il loro rapporto di scala con la realtà. Così un cucchiaino sopra un tappo di sughero diventa un’altalena, un pettine, un calzascarpe; una confezione di fazzolettini di carta diventa uno scivolo; un tappo da lavandino diventa un dondolo appeso ad un albero e una confezione di cipria un tappeto elastico. L’intero campo giochi è un piatto per torte che gira al suono di una musica da giostra.

 

Video Rom, 1998. 13’ (in collaborazione con Marco Biraghi)

Come rispondere a domande tipo: da dove vengono le persone che chiedono l’elemosina ai semafori o sulla metropolitana delle grandi città? Come sono i loro paesi di provenienza, le loro case, le loro vite? Come vivevano prima di trasferirsi negli squallidi campi nomadi alla periferia delle nostre città? E che tipo di persone sono prima di essere “extracomunitari”? Video Rom nasce dal tentativo di rispondere a queste domande.

 

Espèce d’Espace, 2001. 1’30”

Questa immagine sembra il frutto di un fotomontaggio in cui siano stati accostati due diversi ambienti sotterranei della metropolitana, perfettamente combacianti, ma cromaticamente opposti. In realtà è una semplice ripresa di uno spazio che l’arredo urbano ha voluto curiosamente rendere surreale. La realtà è ambigua e la sua percezione dipende dal nostro punto di vista. Da questa fotografia che necessita sempre di lunghe spiegazioni è nato un video, che invece col suo breve movimento ci fa capire immediatamente la realtà.

 

 

PAOLA DI BELLO

programma 2 (durata 16’45”)

 

São Paulo, 2002. 6’15”

È un lavoro realizzato in collaborazione con Armin Linke in due delle più grandi favelas di San Paolo. L’intento è stato quello di mostrare più immagini possibili dei luoghi visitati, archiviando più che selezionando: esterni di case, interni, persone che l’artista ha conosciuto. Da qui l’idea di realizzare un video costruito esclusivamente di panoramiche a 360 gradi, eseguite tutte con lo stesso ritmo e nella stessa direzione, come uno sguardo che ruotando cerchi di abbracciare l’interezza dello spazio e delle problematiche connesse.

 

L’Isola-Che-Non-C’è, 2007. 3’

Il progetto parte da una constatazione evidente a tutte le mamme: la città e i percorsi urbani sono costellati da vari impedimenti al passaggio di un semplice passeggino. Il video, realizzato con una animazione di fotografie, mostra la difficoltà dei percorsi urbani dal punto di vista di un bambino sul passeggino.

 

Video-Stadio, 1997. 7’30”

Il video è un’inquadratura fissa su uno dei piloni di sostegno del terzo anello dello Stadio San Siro di Milano. Alla fine della partita le persone escono dallo stadio scendendo lungo le rampe a spirale e, per un effetto ottico-percettivo, le fanno letteralmente “girare” su se stesse, al ritmo di una musica blues.

 

LUCA PANCRAZZI

Programma unico (durata 21’38”)

 

MASERATIRUNDUM, 2007 dvd, colore.  Sonoro. Durata 21’38”

Maseratirundum è un’opera di Luca Pancrazzi costruita per la Biennale di Mosca del 2007. È composta da circa 700 kg di vetro superclear incollato sulla carrozzeria di una maserati sport GT del 2006. L’opera è stata guidata per le strade di Mosca durante il rigido inverno del 2007, dalla sede Maserati al Museo nel quale è poi rimasta esposta durante il periodo della Biennale. Il percorso è la sceneggiatura naturale del film omonimo. Le riprese vedono nascere l’alba moscovita attraverso il passaggio della Maseratirundum, la quale, più che interagire con la luce dell’alba e della città, pare lei stessa illuminare ed accendere il paesaggio circostante.

 

 

HANS OP DE BEECK

Programma unico (durata 11’25”)

 

Parade, 2012. Colore. Suono. Full HD video, transferred to Rlue-Ray Disk, durata 11’25”

Proposta nella Camera delle Vittorie di Palazzo Te, Parade di Hans Op de Beeck appare capace di creare un fertile ma remoto dialogo a distanza con la dimensione teatrale e scenografica del palazzo, introducendovi un sottile e inquieto rimando alla condizione umana. In Parade l’apertura del velluto rosso di un sipario mostra un’interminabile sfilata di personaggi che, come un flusso, attraversa senza soluzione di continuità il palcoscenico: una processione infinita che sfila al rallentatore, accompagnata da un valzer composto appositamente per il film. Questo défilé di personaggi sempre diversi, con il reiterarsi dell’azione e il continuo cambiamento “a vista” della scena, tende insensibilmente a trasformarsi in una fondamentale riflessione visiva sulla vita e la morte. 

 

 

ARMIN LINKE

Programma 1 (durata 15′)

 

Road Block a Netsareim Settlement Beach Road, a Gaza City, Febbraio 2003, 2003, DVD, Pal. Colore. Suono stereo. 15′. Video Editing Carlotta Cristiani; ricerche d’archivio: Ashref El Amreeti, Camera Zakaria Abu Harbeed, Mohammad Adwan, Maher Abu Quta, Ashraf Ali, Ramattan Studios Gaza. Ringraziamenti speciali Rene Aquarone, Paul McCann, UNRWA ufficio stampa di Gaza, Jeff Halper, Comitato israeliano contro la demolizione delle case (ICAHD), Gerusalemme

Nel video Gaza City, Armin Linke racconta la tragedia del popolo palestinese lacerato da un conflitto senza fine… L’opera, restituendo l’istante privilegiato della ripresa al tempo ripetitivo da cui è tratto, ci mostra il risvolto quotidiano e meno traumatico del sanguinoso conflitto israeliano-palestinese, decostruendo la retorica e le semplificazioni con cui i telegiornali ci informano dell’evento, senza minimizzare la drammaticità di una situazione, su cui fornisce invece uno sguardo inedito e non stereotipato.

 

 

PAOLO MEONI

Programma 1 (durata 10’40”)

 

Unbend, 2006, video 5’10”. Colore. Sonoro. Editing – photoshop, final-cut

Lo schermo appare ripartito in 50 strisce video che scorrono orizzontalmente parallele: tutte della stessa durata e composte dagli stessi piani sequenza ma che differiscono lievemente fra loro nei tempi di partenza. Il risultato implica una visione entropica e fortemente frammentata di territori al margine tra periferia e campagna. La leggera sfasatura temporale fra riprese identiche dissolve il soggetto in una miriade di parti o lo seziona, facendone apparire simultaneamente differenti porzioni in più strisce dell’immagine globale. Si crea così l’effetto di una scomposizione cubista in incessante movimento. L’estrema saturazione dell’immagine, una composizione plastica in cui le relazioni spaziali sono contemporaneamente fatte esplodere ed evidenziate, sembra dissolvere ogni residuo di qualificazione sostanziale dello spazio, conducendo lo spettatore verso una dimensione pittorica modernista che, rinunciando ad ogni illusione di profondità, disarticola e decostruisce lo spettacolo della visione sotto il nostro sguardo.

 

Unità residenziale d’osservazione, 2009 , 5′ 30” B/N. Suono. Video phootage 1600 digital print

L’opera trae origine da una serie di 2000 scatti digitali di cantieri e architetture che paiono concatenarsi e dissolversi senza sosta l’uno nell’altro, producendo una sorta di dinamica mappatura di territori in continua mutazione. Grazie anche all’uso del bianco e nero e al parziale sovrapporsi dei piani di diverse costruzioni, rimanda concettualmente, sia pur in maniera remota, all’idea smithsoniana di rovina all’inverso. Come suggerisce l’artista: “più che di videostrictu senso, dovremmo parlare di una singolare forma di animazione”. L’effetto cinetico che scaturisce dalla successione delle immagini sviluppa una sorta di slow motion che si realizza automaticamente in virtù dell’assonanza visiva dei luoghi ritratti e di un lievissimo scarto temporale nell’inserimento degli scatti digitali nella timeline.

 

 

PAOLO MEONI

Programma 2 (durata 13′)

 

Proiezioni, 2012, 12′ 52” Colore. Suono

La camera fissa attende lo scorrere della corrente dell’acqua che attraverso il proprio movimento interno ed esterno mostra lenticolarmente un‘immagine che non sembra stare né sulla superficie né fra le sue profondità, arrestandosi in un luogo che ha difficoltà a diventare immagine; l’immagine appare dunque come il riflesso di un‘esteriorità estesa all’interno di una profondità.

 

 

EULALIA VALLDOSERA

Programma unico (circa 11′)

 

 

Dependencia Mutua , (videoperformance1/2), 2009, 558”. Colore. Suono

Liuba video (video 2/2), 4′,40”. Colore. Suono

In quest’opera Eulàlia Valldosera utilizza per la prima volta una proiezione monocanale per restituire e rielaborare un’azione che ha avuto luogo qualche anno fa nel Museo Archeologico di Napoli,  in occasione di una mostra personale dell’artista. Vediamo una donna delle pulizie di origine ucraina intenta a spolverare la statua di un imperatore romano in uno dei templi dell’arte. Si tratta della documentazione di una performance. La centralita? del corpo che troviamo in quest’opera – sia il corpo vivo in quanto “esistenza”, sia quello della statua inteso come “rappresentazione” di quella stessa esistenza – e? un aspetto fondante di tutto il lavoro di Valldosera che in altri casi si serve più comunemente  dell’utilizzo di proiezioni luminose per la creazione di installazioni immersive fatte di oggetti, luci e ombre. Inoltre, fa riferimento alla dimensione dell’inconscio come uno spazio di rappresentazione scenica, all’interno del quale le rappresentazioni culturali e il vissuto individuale interagiscono fra loro, ridefinendosi reciprocamente. Per Valldosera le immagini, le opere d’arte, l’architettura, lo spazio domestico e lo spazio delle istituzioni sono lo spazio-tempo in cui il discorso dell’autorita? afferma se stesso e si sedimenta nella coscienza collettiva e nei corpi individuali ma, anche, quello che ospita la sua critica e il suo possibile superamento.