L’ambiente, il più sontuoso del palazzo per la ricchezza e il pregio delle decorazioni, deriva il proprio nome dalla favola di Amore e Psiche, tratta dalla “Metamorfosi”; di Apuleio, narrata sulla volta e nelle lunette.
La sala, detta “camaron quadro” in una descrizione cinquecentesca di Jacopo Strada, è uno spazio destinato ai visitatori di maggior prestigio. Lungo la cornice che corre ai piedi delle lunette, a partire dalla parete est, quella che ospita il camino di marmo rosso veronese, si legge l’iscrizione che ricorda i titoli di Federico Gonzaga e il ruolo attribuito alla villa, destinata all'”onesto ozio” dopo le fatiche dell’attività di governo (“HONESTO OCIO POST LABORES AD REPARANDAM VIRT[utem] QVIETI CONSTRVI MANDAVIT”).
I passi della favola di Amore e Psiche prendono il via dall’ottagono della volta della parete ovest, con la raffigurazione di Venere, su un carro trainato da cigni, mentre indica ad Amore la fanciulla Psiche affinchè questi la punisca. L’intreccio narrativo, proseguendo in maniera non lineare sulla volta e nelle lunette, sprigiona la propria apoteosi nel riquadro al centro del soffitto, dove Giove unisce in matrimonio Psiche e Amore.
Sulle pareti sud e ovest sono rappresentati i preparativi di un banchetto ambientato in campagna. Sono presenti Amore e Psiche, con la figlia Voluttà, sdraiati su un letto (parete sud).
Altre favole mitologiche, che narrano di amori contrastati, decorano le pareti nord ed est: Bagno di Marte e Venere (parete nord, a sinistra); Bacco e Arianna (al centro); Venere e Adone (a destra); Giove e Olimpiade (parete est, a sinistra); Polifemo con Galatea e Aci (al centro); Pasifae e il toro (a destra). Gli affreschi sono databili tra il 1526 e il 1528. Inizia da questa camera la serie di pavimenti tardo settecenteschi “a terrazzo”.
L’ambiente, il più sontuoso del palazzo per la ricchezza e il pregio delle decorazioni, deriva il proprio nome dalla favola di Amore e Psiche, tratta dalla “Metamorfosi”; di Apuleio, narrata sulla volta e nelle lunette.
La sala, detta “camaron quadro” in una descrizione cinquecentesca di Jacopo Strada, è uno spazio destinato ai visitatori di maggior prestigio. Lungo la cornice che corre ai piedi delle lunette, a partire dalla parete est, quella che ospita il camino di marmo rosso veronese, si legge l’iscrizione che ricorda i titoli di Federico Gonzaga e il ruolo attribuito alla villa, destinata all'”onesto ozio” dopo le fatiche dell’attività di governo (“HONESTO OCIO POST LABORES AD REPARANDAM VIRT[utem] QVIETI CONSTRVI MANDAVIT”).
I passi della favola di Amore e Psiche prendono il via dall’ottagono della volta della parete ovest, con la raffigurazione di Venere, su un carro trainato da cigni, mentre indica ad Amore la fanciulla Psiche affinchè questi la punisca. L’intreccio narrativo, proseguendo in maniera non lineare sulla volta e nelle lunette, sprigiona la propria apoteosi nel riquadro al centro del soffitto, dove Giove unisce in matrimonio Psiche e Amore.
Sulle pareti sud e ovest sono rappresentati i preparativi di un banchetto ambientato in campagna. Sono presenti Amore e Psiche, con la figlia Voluttà, sdraiati su un letto (parete sud).
Altre favole mitologiche, che narrano di amori contrastati, decorano le pareti nord ed est: Bagno di Marte e Venere (parete nord, a sinistra); Bacco e Arianna (al centro); Venere e Adone (a destra); Giove e Olimpiade (parete est, a sinistra); Polifemo con Galatea e Aci (al centro); Pasifae e il toro (a destra). Gli affreschi sono databili tra il 1526 e il 1528. Inizia da questa camera la serie di pavimenti tardo settecenteschi “a terrazzo”.