Orfeo ed Euridice: l’arte sfida la morte
Nella Loggia delle Muse, decorata ad affresco e stucco nella volta, sono presenti le nove divinità femminili, figlie di Mnemosine, circondate da motivi di ispirazione egizia e geroglifica, possibili riferimenti all’antica sapienza ermetica. Antico ingresso del palazzo, la loggia dichiara come Palazzo Te sia innanzitutto un luogo in cui l’arte domina: l’arte nel suo mistero e le muse nella loro enigmatica presenza.
Giulio Romano rappresenta qui la storia ovidiana di Orfeo ed Euridice sulla parete affrescata, oggi purtroppo in pessimo stato di conservazione. Nelle arcate laterali sono dipinti ampi paesaggi che accolgono due scene bucoliche della narrazione mitologica: a sinistra la morte della ninfa Euridice per il morso di un serpente mentre fugge per sottrarsi alle attenzioni del pastore Aristeo; e a destra Orfeo che, tra gli animali intona liriche così commoventi da convincere Plutone e Proserpina a far ritornare in vita l’amata sposa.
“Grave l’auspicio; gravissimo quello che accadde. E infatti la sposa novella, mentre vagava per i prati in compagnia di una schiera di Nàiadi, morì, morsa al tallone da un serpente. Dopo averla debitamente pianta sulla terra, il poeta del Ròdope, per non lasciare nulla d’intentato, nemmeno nell’aldilà, osò discendere fino allo Stige attraverso la porta del Tènaro, e avanzando tra folle svolazzanti, tra i fantasmi dei defunti onorati di sepoltura, si presentò a Persefone e al signore dello spiacevole regno delle ombre…”
(Ovidio, Metamorfosi, X, vv. 8-16)
“Questo bosco si era dunque adunato attorno al poeta, ed egli sedeva al centro di un’assemblea di bestie selvatiche e di una torma di uccelli.”
(Ovidio, Metamorfosi, X, vv. 143-144)