I cosidetti amori di Giove sono il soggetto della tessitura di una tela dell’abile Aracne, una giovane che si configura come la protagonista di un mito di creazione artistica: “Costei (Aracne) non per ceto o per lignaggio era famosa, ma perché era un’artista”, scrive Ovidio che elogia i suoi meravigliosi lavori elevando l’arte della tessitura all’arte della pittura. Ma la giovane donna sfida Minerva, protettrice dell’arte della tessitura
Il dipinto di Tintoretto qui esposto è documentato nella collezione fiorentina di Alessandro e Vittoria Contini Bonacossi e oggi si conserva agli Uffizi. Pare che la tela, data la particolare impostazione prospettica dal basso verso l’alto, facesse parte della decorazione di un soffitto nel Palazzo Donà dalle Rose a Venezia.
Il dipinto rappresenta la contesa fra Aracne e Minerva. Scrive Ovidio: “Pallade dipinge la collina di Marte dove siedono su alti scranni Giove, con aria grave e maestosa, fra le divinità dell’Olimpo e agli angoli della tela aggiunge le storie di coloro che avevano sfidato gli dèi commettendo un peccato di superbia, di ὕβϱις”.
Aracne invece dipinge le violenze delle divinità sulle giovani ninfe: “Europa ingannata dalla falsa forma del toro (…) Leda sdraiata sotto l’ali del cigno, Giove che fattosi oro inganna Danae”.
Il risultato della contesa viene descritta in maniera icastica da Ovidio che esprime un chiaro giudizio laudativo nei confronti di Aracne: “Neppure Pallade, neppure la Gelosia poteva trovare qualcosa da criticare in quell’opera. La bionda dea guerriera rimase malissimo e fece a brandelli la tela che illustrava a colori le colpe degli dei”. Minerva irata, non accetta la sconfitta e punisce la superbia della giovane Aracne con la metamorfosi in ragno.