Aby Warburg a Mantova : Ovid Austellung , 1927
L’esposizione della riproduzione della mostra fotografica Ovid Austellung allestita dallo storico dell’arte tedesco Aby Warburg (1866-1929) nella sala ellittica della Warburg Haus ad Amburgo nel 1927, costituisce un evento inedito, che contribuisce alle riflessioni del percorso espositivo in dialogo con gli affreschi, le immagini e gli eventi di Palazzo Te.
La mostra dedicata alle Metamorfosi di Ovidio mette a fuoco le ricerche dello studioso di Amburgo finalizzate alla formulazione dei suoi percorsi intellettuali, forme di pensiero espresse attraverso le immagini che confluiranno nel suo incompiuto Atlante della Memoria.
L’iniziativa della mostra era legata a una conferenza di Max Ditmar Henkel, curatore del Gabinetto delle stampe di Amsterdam, sulle edizioni illustrate delle Metamorfosi di Ovidio del XVI e XVII secolo. La mostra fu allestita dal 29 gennaio al 6 febbraio del 1927 nella sala ellittica della Kulturwissenscheftliche Warburg Bibliothek.
Il progetto della mostra era informato al grande tema della ricerca di Aby Warburg sulla sopravvivenza dell’Antico nell’arte del Rinascimento (Nachleben der Antike), focalizzato sul tema della trasmigrazione culturale nello spazio e nel tempo in rapporto al valore originario dell’Antico.
Scrive Aby Warburg negli appunti sul progetto della Ovid Austellung:
“L’eredità dell’antico offre attraverso il ricordo storico l’esperienza di una partecipazione mondana (alle cose del mondo) passionale, attiva e passiva, che appartiene alla psiche sociale complessiva dell’età moderna in maniera altrettanto essenziale, come i ricordi d’infanzia appartengono alla vita dell’adulto. Pur senza memoria cosciente i valori formativi tramandati determinano l’espressione del nostro stile espressivo”.
Le Metamorfosi di Ovidio si trasformarono nelle parole di Aby Warburg “in uno scrigno di tesori per i valori espressivi della dinamica psicologica”. Sono infatti i miti ovidiani più significativi che interpretano i motivi a scandire il percorso concettuale che si snoda attraverso immagini fotografiche e libri montati su pannelli, disposti nella sala ellittica della Kulturwissenschaftliche Warburg Bibliothek.
Le tavole sono dunque dedicate alle radici originarie (Urworte) delle Metamorfosi nella dinamica dall’inseguimento al rapimento, dalla morte sacrificale al sacrificio umano, alla danza sacrificale, al lamento funebre, attraverso i miti di Apollo e Dafne, di Atteone, di Proserpina e di Orfeo, e attraverso le figure della tragedia antica, da Medea a Polissena fino al Laocoonte, come è indicato nei cartellini posti sopra le tavole, dove è costante la corrispondenza fra le singole figure rappresentanti dei motivi con le immagini e i testi letterari, teatrali e musicali.
Nei sei pannelli esposti nella mostra del 1927 protagonisti sono alcuni miti delle Metamorfosi di Ovidio, a partire dal tema dell’inseguimento e della metamorfosi del primo pannello, nel quale i motivi, le radici (Urworte), trovano espressione visiva e patetica nel mito di Clori, inseguita da Zefiro e trasformata in Flora, e in quello di Dafne, inseguita da Apollo e trasformata in alloro.
La disposizione delle immagini segue un ordine cronologico, dalle opere antiche a quelle medievali fino ai capolavori del Rinascimento e del Seicento, dialogando anche con dettagli riferibili a opere teatrali o musicali, come le immagini per gli Intermezzi medicei del 1589 in occasione delle nozze di Ferdinando de’ Medici con Cristina di Lorena. Il pannello si chiude con la superba scultura di Apollo e Dafne, il capolavoro di Gianlorenzo Bernini oggi alla Galleria Borghese, forse l’opera più espressivamente patetica dell’arte occidentale.
Nella parte inferiore dei pannelli, segue un ordine cronologico anche l’esposizione di alcune edizioni antiche delle Metamorfosi, aperte sulle immagini del mito stesso, mostrandone allo spettatore la fortuna nelle preziose edizioni degli stampatori dell’epoca e nelle immagini dei grandi incisori.
Nel pannello dedicato al tema del rapimento di Proserpina, il magnifico dipinto di Rubens, che si conserva al Prado, è al centro della composizione, circondato da disegni e dipinti sullo stesso mito nelle interpretazioni di artisti come Rembrandt o di Moeyaert, ma anche di incisori come Antonio Tempesta .
Anche Giulio Romano interpreta il tema del rapimento dedicando quattro delle decorazioni in stucco nella volta della Camera delle Aquile. In particolare il disegno preparatorio di Giulio Romano(Louvre) del ratto di Proserpina, derivato da un rilievo antico della collezione Borghese a Roma , è stato ripreso come modello da Rubens per il suo dipinto al Petit Palais di Parigi- esposto nella sala precendente delle Aquile – eseguito dall’artista in occasione del suo soggiorno alla corte Gonzaga a Mantova nei primi anni del Seicento.
Il mito di Orfeo interpreta la tavola dedicata alla morte sacrificale (Opfertod) attraverso i disegni di Albrecht Dürer e di Giulio Romano, quest’ultimo esposto nella prima sezione della mostra nella Camera delle Imprese. Nel pannello alcune immagini sono anche dedicate agli aspetti musicali del mito di Orfeo e della sua amata Euridice, commentati da Aby Warburg negli appunti di Ovid Austellung: “Nelle liriche ovidiane vi è l’aria di Orfeo come pezzo teatrale eroico ed Orfeo, il cantante d’Opera, che con la sua lira lamenta Euridice perduta per sempre”.
Alla tragedia greca si riferisce la figura di Medea, che dà vita al pannello dedicato al sacrificio umano (Menschenopfer) e a quello di Polissena. L’ultimo pannello è dedicato alla danza sacrificale (Opfertanz) e al lamento funebre (Klage), espressi attraverso la tragedia del Laocoonte e dei suoi figli soffocati dalle spire dei serpenti, nella resa patetica del gruppo marmoreo antico nei Musei Vaticani.